Ignoranti
Abbiamo demonizzato per anni ed anni il famoso primo della classe, definendolo "secchione" in assoluto tono dispregiativo; abbiamo messo una "taglia" su colui/colei che studiava, definendolo "topo da biblioteca" e adesso disperatamente, con la stessa foga che Jung definiva per la ricerca spasmodica del Sé gettato nel sacco, di tirare fuori il meglio da noi e dai nostri ragazzi. Premiamo con borse di studio, ci industriamo di organizzare gare di lettura, di scrittura, di matematica e cerchiamo i risultati migliori alla fine dell'anno scolastico. Tuttavia il bel lavoro di Roberto Ippolito "Ignoranti" ci spiega come siamo "L'Italia che non sa" e per questo anche "L'Italia che non va". Con molte considerazioni mi trovo d'accordo, confutando l'idea di una collega secondo la quale questo genere di libri si scrive soltanto per avere un po' di notorietà. In effetti le cifre fanno male, ma il modo in cui sono scritte è interessante, un buon lavoro di imbastitura che dovrebbe, si spera, portare alla confezione di un lavoro finito con la presa di coscienza da parte degli italiani. Che di certo si sono lagnati con gli insegnanti solo circa un mese fa, quando hanno scoperto il figlio o la figlia con debito scolastico da recuperare, con una sacrosanta ricerca di rimediare a lacune, spesso e troppo spesso, incolmabili.
Leggo nel testo dei risultati dei test per magistrati o funzionari pubblici di alto livello, quelli per i quali tra i poteri del sindaco c'è la possibilità di dichiarare guerra, ma leggo con ancor più orrore che in Parlmaneto avevamo più laureati anni orsono, mentre ora l'esercito dei diplomati viene surclassato da altre nazioni che mandano a governare laureati o anche più, con una percetuale altissima. Non già perché un laureato sia migliore di chiunque altro: il dato serve a capire quanto nel nostro Paese l'istruzione sia stata demonizzata, in primis all'interno delle stesse scuole e delle famiglie, ritenendo un titolo di studio poco importante, svilente, pedita di tempo e di soldi. Tramutando l'Italia in una nazione che sempre più si impoverisce perché sempre meno competitiva, meno innovativa, meno ricca di idee che possano essere e stare al passo con i tempi.
Poco più di un anno fa, il 6 luglio 2012, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mandava una lettera di elogi a Sergio Bertolucci, direttore della ricerca scientifica del Cern, per la scoperta del "bosone di Higgs", si legge nel testo. Soltanto ventiquattro ore dopo appare sulla "Gazzetta Ufficiale" l'elenco dei tagli alla ricerca decisi dal decreto della spending review montiana. "Il governo prende di mira soprattutto l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infin) che gestisce l'attività italiana al Cern sottraendogli risorse per quasi il 4 per cento nel 2012 e del 10 per cento nel 2013... L'Italia contribuisce per l'11 per cento al fondo di ricerca del Cern ma gli scienziati italiani sono quasi il doppio del totale grazie alle loro qualità riconosciute".
Dati allarmanti anche per quanto riguarda l'abbandono degli studi: "Il numero di chi non orosegue gli studi dopo la scuola dell'obbligo nel 2011 è enorme, benché in calo rispetto agli anni precedenti". Esattamente, dopo la licenza media il 18,2 per cento dei ragazzi non è più impegnato in alcun aattività formativa, nemmeno un corso professionale biennale.
Queste e altre notizie sono riportate nel bel lavoro di Ippolito, già curatore della pagina economica de "La Stampa", poi direttore della comunicazione di Confindustria e delle relazioni esterne della Luiss di Roma, nonché insegnante alla Scuola superiore di giornalismo.
Un testo da leggere, soprattutto adesso che si deve decidere di spronare i propri ragazzi a studiare e a riuscire negli studi. Soprattutto se non ne hanno troppa voglia.
Da leggere.
Roberto Ippolito: "Ignoranti", chiarelettere, Milano, 2013, euro 12,90
Recensione di Alessia Biasiolo
Abbiamo demonizzato per anni ed anni il famoso primo della classe, definendolo "secchione" in assoluto tono dispregiativo; abbiamo messo una "taglia" su colui/colei che studiava, definendolo "topo da biblioteca" e adesso disperatamente, con la stessa foga che Jung definiva per la ricerca spasmodica del Sé gettato nel sacco, di tirare fuori il meglio da noi e dai nostri ragazzi. Premiamo con borse di studio, ci industriamo di organizzare gare di lettura, di scrittura, di matematica e cerchiamo i risultati migliori alla fine dell'anno scolastico. Tuttavia il bel lavoro di Roberto Ippolito "Ignoranti" ci spiega come siamo "L'Italia che non sa" e per questo anche "L'Italia che non va". Con molte considerazioni mi trovo d'accordo, confutando l'idea di una collega secondo la quale questo genere di libri si scrive soltanto per avere un po' di notorietà. In effetti le cifre fanno male, ma il modo in cui sono scritte è interessante, un buon lavoro di imbastitura che dovrebbe, si spera, portare alla confezione di un lavoro finito con la presa di coscienza da parte degli italiani. Che di certo si sono lagnati con gli insegnanti solo circa un mese fa, quando hanno scoperto il figlio o la figlia con debito scolastico da recuperare, con una sacrosanta ricerca di rimediare a lacune, spesso e troppo spesso, incolmabili.
Leggo nel testo dei risultati dei test per magistrati o funzionari pubblici di alto livello, quelli per i quali tra i poteri del sindaco c'è la possibilità di dichiarare guerra, ma leggo con ancor più orrore che in Parlmaneto avevamo più laureati anni orsono, mentre ora l'esercito dei diplomati viene surclassato da altre nazioni che mandano a governare laureati o anche più, con una percetuale altissima. Non già perché un laureato sia migliore di chiunque altro: il dato serve a capire quanto nel nostro Paese l'istruzione sia stata demonizzata, in primis all'interno delle stesse scuole e delle famiglie, ritenendo un titolo di studio poco importante, svilente, pedita di tempo e di soldi. Tramutando l'Italia in una nazione che sempre più si impoverisce perché sempre meno competitiva, meno innovativa, meno ricca di idee che possano essere e stare al passo con i tempi.
Poco più di un anno fa, il 6 luglio 2012, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mandava una lettera di elogi a Sergio Bertolucci, direttore della ricerca scientifica del Cern, per la scoperta del "bosone di Higgs", si legge nel testo. Soltanto ventiquattro ore dopo appare sulla "Gazzetta Ufficiale" l'elenco dei tagli alla ricerca decisi dal decreto della spending review montiana. "Il governo prende di mira soprattutto l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infin) che gestisce l'attività italiana al Cern sottraendogli risorse per quasi il 4 per cento nel 2012 e del 10 per cento nel 2013... L'Italia contribuisce per l'11 per cento al fondo di ricerca del Cern ma gli scienziati italiani sono quasi il doppio del totale grazie alle loro qualità riconosciute".
Dati allarmanti anche per quanto riguarda l'abbandono degli studi: "Il numero di chi non orosegue gli studi dopo la scuola dell'obbligo nel 2011 è enorme, benché in calo rispetto agli anni precedenti". Esattamente, dopo la licenza media il 18,2 per cento dei ragazzi non è più impegnato in alcun aattività formativa, nemmeno un corso professionale biennale.
Queste e altre notizie sono riportate nel bel lavoro di Ippolito, già curatore della pagina economica de "La Stampa", poi direttore della comunicazione di Confindustria e delle relazioni esterne della Luiss di Roma, nonché insegnante alla Scuola superiore di giornalismo.
Un testo da leggere, soprattutto adesso che si deve decidere di spronare i propri ragazzi a studiare e a riuscire negli studi. Soprattutto se non ne hanno troppa voglia.
Da leggere.
Roberto Ippolito: "Ignoranti", chiarelettere, Milano, 2013, euro 12,90
Recensione di Alessia Biasiolo