L'Anima e la Materia a Forte Belvedere di Firenze fino al 13 ottobre 2013
La mostra ospitata a Forte Belvedere, sul colle di Boboli, altura inglobata almeno per un versante nella cinta muraria fiorentina della fine del XIII secolo, è dedicata a Zhang Huan, artista cinese che vive e lavora tra Shanghai e New York e che ha fatto di questo parallelo tra le due città un ponte tra mondi che hanno in comune più di quanto immaginino.
I suoi lavori sono ospitati nei più grandi musei del mondo, con unanime consenso di critica.
Forte Belvedere si presta alle opere di grandi proporzioni dell'artista, sia scultoree che pittoriche, anche se la tecnica adoperata ci porta tra le "porte" tipicamente orientali, fino a tele "dipinte" con la cenere degli incensi bruciati nei templi buddisti ogni anno e che ogni anno vengono portate nello studio di Huan. Di cenere sono fatte anche molte opere scultoree, in un movimento di materia che arriva al profondo dell'anima e lo scuote, lo anima di nuovi spunti di riflessione, di meditazione, di incontro tra culture e con se stessi.
Veramente molto belli i busti di Buddha e di Gesù, posti a poca distanza l'uno dall'altro, di fronte, in un dialogo muto fatto di molte parole, mentre il materiale di composizione riflette la figura di chi osserva e permette al visitatore di identificarsi con personaggi che hanno molto di uguale, molto da insegnare, insieme. Questo il senso della scelta di Huan di diventare monaco, di trasmettere sapere e pensiero con uno stile particolare, fatto di passato e di presente, di rispetto per le tradizioni e di modi di dire ciò che il pensiero spesso fatica, soprattutto se costretto dalle limitazioni della miseria umana. Anche di ordine politico. Le sculture monumentali, una delle quali si affaccia sulla spettacolare terrazza su Firenze, sono per la prima volta in Italia e guardano a Palazzo Vecchio, dove la mostra inizia, o dove forse finisce, nella scelta di questi due meravigliosi scenari per lanciare un messaggio al tetto del mondo. Il ponte esiste anche tra il Rinascimento fiorentino e la civilizzazione cinese, arcobaleno tra Est e Ovest particolarmente significativo, alla luce della scoperta di un Paese che non è soltanto un gigante economico, ma una culla secolare di cultura. L'artista pensa che l'arte non possa cambiare il mondo, ma che possa portare a sollevare la questione e condurre molte persone a pensare al futuro. Significative sono anche le tigri che appaiono su alcune tele: guardano al passato che non hanno più, ormai sono in Cina quasi estinte, eppure sopravvivono non solo nell'immaginario, a dire che la Natura è lì e che l'uomo ha il dovere di pensarla e di pensarci per mantenere il proprio rapporto con il reale e non soltanto con il mondo e la realtà che vorrebbe avere.
Ottimi gli spunti critici e la tecnica, agevole la lettura per il più ampio pubblico e, allo stesso tempo, ampi gli spazi di pensiero lasciati al visitatore.
Articolo di Alessia Biasiolo
La mostra ospitata a Forte Belvedere, sul colle di Boboli, altura inglobata almeno per un versante nella cinta muraria fiorentina della fine del XIII secolo, è dedicata a Zhang Huan, artista cinese che vive e lavora tra Shanghai e New York e che ha fatto di questo parallelo tra le due città un ponte tra mondi che hanno in comune più di quanto immaginino.
I suoi lavori sono ospitati nei più grandi musei del mondo, con unanime consenso di critica.
Forte Belvedere si presta alle opere di grandi proporzioni dell'artista, sia scultoree che pittoriche, anche se la tecnica adoperata ci porta tra le "porte" tipicamente orientali, fino a tele "dipinte" con la cenere degli incensi bruciati nei templi buddisti ogni anno e che ogni anno vengono portate nello studio di Huan. Di cenere sono fatte anche molte opere scultoree, in un movimento di materia che arriva al profondo dell'anima e lo scuote, lo anima di nuovi spunti di riflessione, di meditazione, di incontro tra culture e con se stessi.
Veramente molto belli i busti di Buddha e di Gesù, posti a poca distanza l'uno dall'altro, di fronte, in un dialogo muto fatto di molte parole, mentre il materiale di composizione riflette la figura di chi osserva e permette al visitatore di identificarsi con personaggi che hanno molto di uguale, molto da insegnare, insieme. Questo il senso della scelta di Huan di diventare monaco, di trasmettere sapere e pensiero con uno stile particolare, fatto di passato e di presente, di rispetto per le tradizioni e di modi di dire ciò che il pensiero spesso fatica, soprattutto se costretto dalle limitazioni della miseria umana. Anche di ordine politico. Le sculture monumentali, una delle quali si affaccia sulla spettacolare terrazza su Firenze, sono per la prima volta in Italia e guardano a Palazzo Vecchio, dove la mostra inizia, o dove forse finisce, nella scelta di questi due meravigliosi scenari per lanciare un messaggio al tetto del mondo. Il ponte esiste anche tra il Rinascimento fiorentino e la civilizzazione cinese, arcobaleno tra Est e Ovest particolarmente significativo, alla luce della scoperta di un Paese che non è soltanto un gigante economico, ma una culla secolare di cultura. L'artista pensa che l'arte non possa cambiare il mondo, ma che possa portare a sollevare la questione e condurre molte persone a pensare al futuro. Significative sono anche le tigri che appaiono su alcune tele: guardano al passato che non hanno più, ormai sono in Cina quasi estinte, eppure sopravvivono non solo nell'immaginario, a dire che la Natura è lì e che l'uomo ha il dovere di pensarla e di pensarci per mantenere il proprio rapporto con il reale e non soltanto con il mondo e la realtà che vorrebbe avere.
Ottimi gli spunti critici e la tecnica, agevole la lettura per il più ampio pubblico e, allo stesso tempo, ampi gli spazi di pensiero lasciati al visitatore.
Articolo di Alessia Biasiolo